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Ethnos Generazioni – Serate Finali 2023

 

SABATO 30 SETTEMBRE SAN GIORGIO A CREMANO

Villa Bruno
Via Cavalli di Bronzo, 22
ore 21.00

ETHNOS GENERAZIONI – FINALE CATEGORIA MUSICA

Kalika

Le Kalìka1 sbocciano per caso da una fortuita collaborazione musicale, divenuta prima un progetto vocale a cappella, tutto al femminile, impreziositosi poi della collaborazione di un ensemble di musicisti. In linea con il principio del nomen omen, in lingua hindi la parola kalìka significa “bocciolo” e proprio l’immagine di un fiore in potenza, qualsiasi fiore, colto nell’attimo prima di manifestarsi in tutta la sua piena ed unica bellezza, è parso adeguato per nominare questo progetto musicale. Tre donne, tre voci e tre anime si sono incontrare e scelte tra le righe e nelle note di originali riarrangiamenti di brani editi, attinti dalle diverse esperienze musicali in gioco, e di pezzi inediti tutti da scoprire. Era l’8 Marzo 2019. Galeotta fu la particolare ricorrenza della Festa della Donna e la volontà di omaggiarla con un’intimistica reinterpretazione di un brano di Enzo Gragnaniello, portato al successo dalla voce profonda ed unica di Mia Martini. Un testo fortissimo, esplicito e di denuncia sociale, purtroppo ancora attuale, che racconta senza troppi giri di parole quante violenze le donne siano costrette a subire. Da Donna, da quell’arrangiamento minimale per sole voci, il progetto musicale Kalìka è andato pian piano sviluppandosi, definendo quei contorni evanescenti che tuttavia esistevano già. Il lavoro minuzioso di costruzione del progetto musicale, dal repertorio al sound, è stato supportato da un’intensa attività di ricerca, personale e di gruppo, che ha preso le mosse dallo studio disonorità percepite vicine e viscerali, quelle della musica non solo partenopea ma anche, ad esempio, della importante tradizione popolare siciliana, fino a valicare confini geografici e culturali, recuperando il dolore struggente del fado portoghese o il ritmo lento, cadenzato e sensuale della canzone messicana degli anni ’40. Numerose le esperienze raccolte in questi quattro anni: la partecipazione al Festival del Cinema di Reggio Calabria, nell’open act a Greg Rega, a luglio 2021; l’organizzazione e realizzazione del concept concert “Ago, filo ‘e parole…” nel Bosco di Cerri del Real Sito di Carditello l’08 Agosto 2021; la collaborazione con la Fondazione Real Sito di Carditello si era già concretizzata a Dicembre 2019 con la realizzazione di un video natalizio in partenrship; ed ancora live presso Villa Fiorentino a Sorrento, presso il Museo di Pietrarsa, presso il CAM_Museo di Arte Contemporanea a Casoria, tra Agosto e Dicembre 2021, presso il Teatro San Carluccio di Napoli, l’Auditorium Novecento, il teatro Trianon; si contano collaborazioni con gli artisti Greg Rega, Tommaso Primo, Fede ‘n’ Marlen. L’anno 2022 ha inoltre sancito la liaison con l’etichetta discografica SoundFly che ha prodotto il primo lavoro discografico del progetto “Ago, filo ‘e parole…”, distribuito da Self, e disponibile dal 24 Marzo 2023 su tutte le piattaforme digitali.

Vania Di Matteo: voce
Anna Rita Di Pace: voce e violino
Giulia Olivieri: voce
Gianluigi Capasso: chitarra
Luigi Pelosi: contrabbasso
Francesco Varchetta: batteria

 

 


Stereotismo

Quartetto italo-libanese il cui genere è definito da alcuni “Balkan-Arabic kon/fusion”. Di recente ritorno da un tour e una residenza artistica a Beirut finanziata dal fondo arabo per l’arte AFAC, il gruppo ha registrato il suo primo album composto al 50% di arrangiamenti di brani provenienti da ricerca nei repertori antichi dall’Egitto al Rajasthan e al 50% da composizioni originali dalla medesima ispirazione, cuciti dalle idee di compositori d’estrazione jazz. Come suggerisce ironicamente il nome del gruppo, una nuove voce della musica contemporanea del Mediterraneo: quando le culture di questo mare si abbracciano trascendendo il “mono” nasce il suono dello STEREOTEISMO. STEREOTEISMO prende vita dall’incontro tra il sassofonista jazz/balkan Federico Pascucci e il cantante e fisarmonicista di Beirut Samah Boulmona. I due musicisti viaggiano assieme per il Libano e, nelle tappe del loro percorso, affinano un repertorio che accosta musica proveniente da culture e popoli di religioni diverse, ma che condividono la pulsazione di un unico cuore musicale. Accanto a loro altri due musicisti che hanno saputo fondere il proprio background jazzistico con culture musicali apparentemente lontane: Shanti Colucci alla batteria e alle nagara, percussioni tipiche del Rajasthan (India), e Iacopo Schiavo alla chitarra andalusa e all’oud. Da Roma a Belgrado, da Istanbul a Beirut, dai frenetici ritmi alle vibranti melodie di Balcani, Turchia e Medio Oriente, dai gitani andalusi agli Hindustani del Nord dell’India, tutti legati insieme dal gusto dei quattro musicisti jazz per trascinarvi in un viaggio sonoro in terre lontane.

Federico Pascucci: sax tenore, clarinetto, ney e kaval
Iacopo Schiavo: chitarra e oud
Shanti Colucci: batteria e nagara


Gaudio Pace Duo

Alessandro Gaudio e Salvatore Pace sono due giovani musicisti della fisarmonica diatonica (comunemente conosciuta come organetto) provenienti dal meridione d’Italia.
In questo progetto in duo propongono musiche originali di loro creazione, ispirate alle tradizioni popolari di Basilicata, Campania e Calabria, ma anche Tango Argentino e ritmi dispari articolati.
Il giovane progetto ha appena prodotto un album dal titolo “Passione Meridionale”, con la direzione artistica del maestro Riccardo Tesi (figura di spicco nel contesto internazionale della fisarmonica diatonica).
I giovani musicisti hanno condiviso il palco con Riccardo Tesi, Vinicio Capossela, Francesco Loccisano, Andrea Piccioni, Didier Laloy, Orchestra filarmonica della Calabria, ed altri.

Alessandro Gaudio: fisarmonica diatonica
Salvatore Pace: fisarmonica diatonica


Vincenzo Romano

Il cammino è più importante della meta.
Sono il “cantore pellegrino”, il canto ed il viaggio sono al centro della mia vita… sono una forza del passato, solo nella tradizione è il mio amore, vengo dai ruderi, dalle chiese, dalle pale d’altare, dai borghi dimenticati…

Vincenzo Romano, conosciuto come il “Cantore Pellegrino delle Tradizioni”, nasce a Pagani (SA) il 16 giugno 1990.
Grazie al suo precoce talento inizia sin dai 9 anni a suonare tamburi a cornice e a farsi conoscere come cantore delle tradizioni campane. Attualmente prosegue gli studi musicali presso il Conservatorio statale di musica “Nicola Sala” di Benevento, indirizzo canto classico napoletano. Iniziato nel linguaggio tradizionale da Francesco Tiano, ha occasione di collaborare con artisti e nomi importanti della tradizione come Marcello Colasurdo, Cristina Vetrone, Nando Citarella, Tullio De
Piscopo, Eugenio Bennato ed altri. Si è esibito su prestigiosi palchi di Festival di musica delle tradizioni, musica etnica e popolare sia in Italia che in Europa. Ha tenuto concerti e stage sulla tradizione paganese e campana in Francia, a Parigi presso il Centre Pompidou, Nizza, Marsiglia, Lille, Borgogna; in Spagna a Santiago De
Compostela, Barcellona, Alicante, Siviglia, Cordoba. Ha preso parte al film “Al destino non chiedere quando” di G. M. Valletta (selezionato al GiffoniFF
2011) e al docu-film “Pagani” di E. F. Inno (distribuito da Istituto Luce e vincitore, all’International Documentary Master Doc Film Festival di Los Angeles, dell’Award Best Religious Documentary) contribuendo, per entrambi i film, anche con sue colonne sonore (Flos Carmeli; Curri, curri mamma mia). Per il docu-film Pagani, è stato ospitato a Parigi al Festival du Cinema du Réel, all’Istituto Italiano di Cultura a Marsiglia, al Museo etnografico di Udine, al Festival del Cinema di Roma. Partecipa nel 2019 le Audizioni Live di Macerata durante la XXX edizione di “MUSICULTURA 2019” e vince il prestigioso “Premio del Pubblico”.
Ha al suo attivo 4 lavori discografici pubblicati con etichette indipendenti: “Curri curri, mamma mia” (2010); “Mammeddio! Canti e ritmi di Primavere” (2010) e “Uhanema!” (2016) in collaborazione con Gerardo Sinatore (ricercatore e poeta delle tradizioni popolari); Natale in Armonia (2018). Come “Cantore Pellegrino” divulga la cultura campana in tutta Italia ed in Europa. Da sempre custode dell’antica tradizione insegna attraverso corsi per appassionati, stage formativi ed
eventi culturali le discipline del Canto, della Musica e della Danza. Svolge dal 2010 corsi di avviamento al ritmo ed al linguaggio della tradizione nostrana presso scuole primarie e secondarie del territorio, punto di riferimento locale per i giovani talenti che si affacciano all’arte popolare.
E’ stato unico testimonial della cultura musicale del Sud Italia per la trasmissione del Maestro Giovanni Allevi per Raiplay nel 2021.

Vincenzo Romano
Pietro Paolillo
Pantaleo Coppola


Biglietto acquistabile qui

 


 


 

DOMENICA 1 OTTOBRE SAN GIORGIO A CREMANO

Villa Bruno
Via Cavalli di Bronzo, 22
ore 19.00

ETHNOS GENERAZIONI – FINALI CATEGORIE TEATRO

Mattia Parrella

PORTA AMERICANA
ADATTAMENTO TEATRALE DI “SUPER SANTOS”
DI ROBERTO SAVIANO

Quattro amici giocano a calcio in strada, dove non contano regole e tecnica, quanto la fantasia. Ecco perché questi ragazzi si distinguono dagli altri. Forse calciano meglio il pallone, ma soprattutto sognano più in grande. Cosa succede, però, quando i loro sguardi curiosi, i loro piedi sollevati dalla fantasia, toccano il duro suolo della realtà? Porta Americana è un’opera di denuncia sociale che vuole raccontare, con malinconica leggerezza, il peso delle decisioni.


Veronica Mele

BALLANDO CON CECILIA

Un’operatrice sociale ottiene un lavoro nell’ex manicomio di Trieste. Qui tutti hanno una storia in frantumi. Sono i dimenticati dalla società; come Cecilia, una donna anziana e solitaria che come gli altri, non sa più cosa accade nel mondo. E non si può più recuperare il tempo trascorso, si può solo ballare come in un sogno gli anni non vissuti. Queste storie sono il simbolo di come tante persone siano state consegnate ad una degenza che ammetteva solo la pazzia e non il recupero.



 



ETHNOS GENERAZIONI – FINALI CATEGORIE DANZA

Francesco Bax

LUCE DE L’OCCHI
Scritto e raccontato da Francesco Bax

” Le mie radici avevano bisogno di acqua.
Aria calda e gelida, che ti accarezza e ti prende a schiaffi.
Luce. ”

Catapultato in vasi sanguigni in questa storia di un uomo che a piedi nudi, qui nel profondo Sud, a sottovoce, si chiede se può viversi un amore in un’ ossessione.

– Colpito da un incantesimo d’amore.
(Una persona “normale” sotto effetto di incantesimo d’amore può diventare strana.
Può presentare sintomi riconducibili a un normale esaurimento nervoso, oppure alla stanchezza, depressione. La vittima riscontra strani rumori, sensazioni di ombre
fugaci, presenze inconsuete e invisibili nella casa. Non è più lo stesso, è totalmente demolito da influssi e forze malefiche che sottomettono il suo essere, anima e
corpo).

Si interroga fino all’ ultimo respiro. Non lo saprà mai, il suo corpo precocemente invecchia. Velocemente.
Nella luce cerca conforto. A mani giunte, prova piacere. Si sente fratello.
Nel buio fugge da tanto, da tutto.
Infermo. Non più lui si ritrova.
Pace non avrà.


Laura Esposito

DIACRONICHE : appunti coreografici per un cambiamento
Coreografia: Laura Esposito
Interpreti: Sara Ferrigno e Laura Esposito

La mia idea mira in particolar modo a voler far conoscere alle nuove generazioni la tradizione, attraverso uno storytelling innovativo, al fine di costruire nuovi scenari di fruizione, divulgazione dellʼarte e del patrimonio. L’obiettivo è arricchire, conservare e custodire.
Il fine del mio progetto è riportare antichi costumi legati all’identità culturale e alcuni rituali tipici della tradizione italiana, attraverso gesti e movimenti che ritrovano nella contemporaneità i propri significati. Nel luogo di appartenenza sono conservate e radicate, ma sul palcoscenico o
sdradicati da quel territorio possono essere raccontati in maniera differente, senza modificare ciò che così resterà. La mia prospettiva è quella di danzare utilizzando qualcosa che esiste già, riproponendola in modo da valorizzarla il più possibile, senza dover ricercare imitazioni, ma osservando le varie realtà che esistono. Non si vuole spezzare nessun filo con il passato, ma creare, attraverso il quadro complesso e contraddittorio della contemporaneità, nuovi percorsi, salvaguardando l’identità dei territori, da raccontare attraverso uno sviluppo personale autentico e artistico. Il lavoro nasce da una riflessione sui fenomeni popolari che sopravvivono fino ad oggi. La mia creazione parte dalla danza tradizionale del centro-sud Italia e attinge da un patrimonio culturale ricco di movimenti, musiche, gesti, danze e suoni. Personalmente ho intrapreso questo studio grazie ad una mia intuizione e una necessità di cercare altro al di fuori della tecnica accademica. Il desiderio è quello di provare a disporre la danza tradizionale davanti la realtà della danza contemporanea, per farle dunque dialogare insieme, mettendo in scena l’energia della dimensione
rituale e la potenza ritmica rispetto all’estetica dei movimenti. Concretamente ciò è possibile mettendo i danzatori in relazione a questo linguaggio coreutico tradizionale, anche nei confronti della creazione coreografica, attraverso un lavoro di pratica del movimento in relazione con il
tamburo e le varie tecniche tradizionali. Le sonorità e i movimenti di questo patrimonio possono fornire grandi stimoli per la figura del coreografo/a nella danza contemporanea.
Che ruolo hanno oggi le tradizioni? Continuano ad essere sentite e vissute nella società contemporanea? Perché sentiamo ancora il bisogno di attingere alle nostre radici? In un momento storico in cui si assiste alla perdita delle certezze, al prevalere del pensiero individualista, alla crisi dei valori umani, alla difficoltà di comprendere l’importanza della connessione col sé, la ritualità e la tradizione potrebbero essere una pratica poetica che consente
di connettersi alle radici, alla comunità e alle origini. Radici che esistono da sempre e superarle non vuol dire dimenticare e andare oltre, non vuol dire strappare i legami. Ho scelto di indossare e mettere in scena due oggetti, due mantelle colorate realizzate a mano da mia nonna, all’uncinetto. Le mantelle prima indossate e poi posate a terra, aperte in forma circolare vogliono confermare ancora una volta che ciò che è tradizione esiste e resterà sempre. Unicità è forse la chiave che permette a questa tradizione, come a molte altre, di sopravvivere nonostante le esigenze contemporanee e determina la riscoperta in chiave moderna di antiche arti come quella dell’uncinetto.


Semivolanti

VI.PA.RO
Storie di santi e di veleni

VI.PA.RO – storie di santi e di veleni – è un progetto coreografico che vede la collaborazione di Riccardo Cananiello e Mattia Carlucci in una creazione che parte dallo studio sulle danze rituali legate a San Vito, San Paolo e San Rocco. Intrecciando le danze popolari alla danza contemporanea e al teatro si cerca di
dar vita ad un presente che si intreccia a un passato mitico, rituale e ancestrale. Un viaggio al Sud tra lavoro, fatica e sfruttamento, dolore e malattia, amore, devozione e religiosità attraverso danze simboliche, stilizzate e intense che ci riportano a rituali antichi …sotto gli occhi di tre Santi: San Vito dove si danza nell’acqua, San Paolo che per primo scacciò la serpe, dove i piedi battono un tempo sempre uguale, San Rocco e la sua danza dei coltelli per scacciare i malanni. Dal passato al presente. Questa l’anima dello spettacolo – intenso e vero – suggestivo e potente, senza spettacolarizzazioni superflue. […]

[di Ester Ippolito per Ballare Viaggiando]
Con un mix di tradizione, danza contemporanea e teatro sono riusciti ad integrare il presente ad un passato mitico, rituale e ancestrale che ha coinvolto ed emozionato il pubblico. “I ricordi sono pieni di canti, balli e follie…” e partendo da questi ricordi i due artisti ci hanno accompagnato in un viaggio tra credenze e suggestioni legate al fenomeno del tarantismo.

[di Sergio Ferroni per LN international]
VI.PA.RO Storie di Santi e di Veleni, è uno spettacolo di Teatro/Danza, un percorso nella memoria individuale di un bambino, poi ragazzo, poi adulto che diviene memoria collettiva di un popolo e di una terra (il Salento). Uno spettacolo di danza dove la parola usata è spesso solo quella necessaria, come nei lunghi silenzi dei vecchi di paese in un tempo lontano. VI.PA.RO come serpe velenosa che striscia silenziosa e lascia che il suo veleno obblighi chiunque a danzare.
VI.PA.RO è una preghiera che può diventare una bestemmia, la speranza che si fonde alla rassegnazione. VI.PA.RO è uno spettacolo con due danzatori, un racconto di un’intera comunità. Uno studio che parte dalla coreutica tradizionale delle danze popolari per arrivare all’incontro con la sperimentazione contemporanea del teatro e della danza. Un movimento unico e continuo, dalle registrazioni originali prese sul campo alle nuove creazioni di vari musicisti del World Music. Un racconto contemporaneo
che ritrova antiche radici per rendere grazie e per invocare con e contro la terra che ci ha partorito. Un viaggio che parte dalla Puglia e guarda a tutto il Mediterraneo: nel paese devoto a San Vito dove si danza nell’acqua, davanti il quadro di San Paolo che per primo scacciò la serpe, su una piazza di un piccolo paese e sulle pietre dell’Aspromonte, dove San Rocco pellegrino e guaritore dei malati insegnò a danzare con i coltelli e fece della danza una forma di rivolta contro le ingiustizie e i malanni. L’intento è quello di sperimentare nuovi linguaggi del teatro-danza che guardano al passato mitico e ancestrale e vivono ancora oggi nel presente. Un movimento continuo e crescente che attraversa i suoni e i canti antichi incontra le nuove creazioni di vari artisti della world-music. Lo studio parte dalla gestualità originale documentata del lavoro contadino, delle danze rituali connesse al tarantismo fino alla creazione di coreografie originali in cui la autenticità delle danze tradizionali – così come ci sono state
tramandante – si lega in maniera salda con la sperimentazione e l’innovazione della danza

 

Biglietto acquistabile qui