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1 Ottobre 2023

 

DOMENICA 1 OTTOBRE SAN GIORGIO A CREMANO

Villa Bruno
Via Cavalli di Bronzo, 22
ore 19.00

ETHNOS GENERAZIONI – FINALI CATEGORIE TEATRO

Mattia Parrella

PORTA AMERICANA
ADATTAMENTO TEATRALE DI “SUPER SANTOS”
DI ROBERTO SAVIANO

Quattro amici giocano a calcio in strada, dove non contano regole e tecnica, quanto la fantasia. Ecco perché questi ragazzi si distinguono dagli altri. Forse calciano meglio il pallone, ma soprattutto sognano più in grande. Cosa succede, però, quando i loro sguardi curiosi, i loro piedi sollevati dalla fantasia, toccano il duro suolo della realtà? Porta Americana è un’opera di denuncia sociale che vuole raccontare, con malinconica leggerezza, il peso delle decisioni.


Veronica Mele

BALLANDO CON CECILIA

Un’operatrice sociale ottiene un lavoro nell’ex manicomio di Trieste. Qui tutti hanno una storia in frantumi. Sono i dimenticati dalla società; come Cecilia, una donna anziana e solitaria che come gli altri, non sa più cosa accade nel mondo. E non si può più recuperare il tempo trascorso, si può solo ballare come in un sogno gli anni non vissuti. Queste storie sono il simbolo di come tante persone siano state consegnate ad una degenza che ammetteva solo la pazzia e non il recupero.

 



ETHNOS GENERAZIONI – FINALI CATEGORIE DANZA

Francesco Bax

LUCE DE L’OCCHI
Scritto e raccontato da Francesco Bax

” Le mie radici avevano bisogno di acqua.
Aria calda e gelida, che ti accarezza e ti prende a schiaffi.
Luce. ”

Catapultato in vasi sanguigni in questa storia di un uomo che a piedi nudi, qui nel profondo Sud, a sottovoce, si chiede se può viversi un amore in un’ ossessione.

– Colpito da un incantesimo d’amore.
(Una persona “normale” sotto effetto di incantesimo d’amore può diventare strana.
Può presentare sintomi riconducibili a un normale esaurimento nervoso, oppure alla stanchezza, depressione. La vittima riscontra strani rumori, sensazioni di ombre
fugaci, presenze inconsuete e invisibili nella casa. Non è più lo stesso, è totalmente demolito da influssi e forze malefiche che sottomettono il suo essere, anima e
corpo).

Si interroga fino all’ ultimo respiro. Non lo saprà mai, il suo corpo precocemente invecchia. Velocemente.
Nella luce cerca conforto. A mani giunte, prova piacere. Si sente fratello.
Nel buio fugge da tanto, da tutto.
Infermo. Non più lui si ritrova.
Pace non avrà.


Laura Esposito

DIACRONICHE : appunti coreografici per un cambiamento
Coreografia: Laura Esposito
Interpreti: Sara Ferrigno e Laura Esposito

La mia idea mira in particolar modo a voler far conoscere alle nuove generazioni la tradizione, attraverso uno storytelling innovativo, al fine di costruire nuovi scenari di fruizione, divulgazione dellʼarte e del patrimonio. L’obiettivo è arricchire, conservare e custodire.
Il fine del mio progetto è riportare antichi costumi legati all’identità culturale e alcuni rituali tipici della tradizione italiana, attraverso gesti e movimenti che ritrovano nella contemporaneità i propri significati. Nel luogo di appartenenza sono conservate e radicate, ma sul palcoscenico o
sdradicati da quel territorio possono essere raccontati in maniera differente, senza modificare ciò che così resterà. La mia prospettiva è quella di danzare utilizzando qualcosa che esiste già, riproponendola in modo da valorizzarla il più possibile, senza dover ricercare imitazioni, ma osservando le varie realtà che esistono. Non si vuole spezzare nessun filo con il passato, ma creare, attraverso il quadro complesso e contraddittorio della contemporaneità, nuovi percorsi, salvaguardando l’identità dei territori, da raccontare attraverso uno sviluppo personale autentico e artistico. Il lavoro nasce da una riflessione sui fenomeni popolari che sopravvivono fino ad oggi. La mia creazione parte dalla danza tradizionale del centro-sud Italia e attinge da un patrimonio culturale ricco di movimenti, musiche, gesti, danze e suoni. Personalmente ho intrapreso questo studio grazie ad una mia intuizione e una necessità di cercare altro al di fuori della tecnica accademica. Il desiderio è quello di provare a disporre la danza tradizionale davanti la realtà della danza contemporanea, per farle dunque dialogare insieme, mettendo in scena l’energia della dimensione
rituale e la potenza ritmica rispetto all’estetica dei movimenti. Concretamente ciò è possibile mettendo i danzatori in relazione a questo linguaggio coreutico tradizionale, anche nei confronti della creazione coreografica, attraverso un lavoro di pratica del movimento in relazione con il
tamburo e le varie tecniche tradizionali. Le sonorità e i movimenti di questo patrimonio possono fornire grandi stimoli per la figura del coreografo/a nella danza contemporanea.
Che ruolo hanno oggi le tradizioni? Continuano ad essere sentite e vissute nella società contemporanea? Perché sentiamo ancora il bisogno di attingere alle nostre radici? In un momento storico in cui si assiste alla perdita delle certezze, al prevalere del pensiero individualista, alla crisi dei valori umani, alla difficoltà di comprendere l’importanza della connessione col sé, la ritualità e la tradizione potrebbero essere una pratica poetica che consente
di connettersi alle radici, alla comunità e alle origini. Radici che esistono da sempre e superarle non vuol dire dimenticare e andare oltre, non vuol dire strappare i legami. Ho scelto di indossare e mettere in scena due oggetti, due mantelle colorate realizzate a mano da mia nonna, all’uncinetto. Le mantelle prima indossate e poi posate a terra, aperte in forma circolare vogliono confermare ancora una volta che ciò che è tradizione esiste e resterà sempre. Unicità è forse la chiave che permette a questa tradizione, come a molte altre, di sopravvivere nonostante le esigenze contemporanee e determina la riscoperta in chiave moderna di antiche arti come quella dell’uncinetto.


Semivolanti

VI.PA.RO
Storie di santi e di veleni

VI.PA.RO – storie di santi e di veleni – è un progetto coreografico che vede la collaborazione di Riccardo Cananiello e Mattia Carlucci in una creazione che parte dallo studio sulle danze rituali legate a San Vito, San Paolo e San Rocco. Intrecciando le danze popolari alla danza contemporanea e al teatro si cerca di
dar vita ad un presente che si intreccia a un passato mitico, rituale e ancestrale. Un viaggio al Sud tra lavoro, fatica e sfruttamento, dolore e malattia, amore, devozione e religiosità attraverso danze simboliche, stilizzate e intense che ci riportano a rituali antichi …sotto gli occhi di tre Santi: San Vito dove si danza nell’acqua, San Paolo che per primo scacciò la serpe, dove i piedi battono un tempo sempre uguale, San Rocco e la sua danza dei coltelli per scacciare i malanni. Dal passato al presente. Questa l’anima dello spettacolo – intenso e vero – suggestivo e potente, senza spettacolarizzazioni superflue. […]

[di Ester Ippolito per Ballare Viaggiando]
Con un mix di tradizione, danza contemporanea e teatro sono riusciti ad integrare il presente ad un passato mitico, rituale e ancestrale che ha coinvolto ed emozionato il pubblico. “I ricordi sono pieni di canti, balli e follie…” e partendo da questi ricordi i due artisti ci hanno accompagnato in un viaggio tra credenze e suggestioni legate al fenomeno del tarantismo.

[di Sergio Ferroni per LN international]
VI.PA.RO Storie di Santi e di Veleni, è uno spettacolo di Teatro/Danza, un percorso nella memoria individuale di un bambino, poi ragazzo, poi adulto che diviene memoria collettiva di un popolo e di una terra (il Salento). Uno spettacolo di danza dove la parola usata è spesso solo quella necessaria, come nei lunghi silenzi dei vecchi di paese in un tempo lontano. VI.PA.RO come serpe velenosa che striscia silenziosa e lascia che il suo veleno obblighi chiunque a danzare.
VI.PA.RO è una preghiera che può diventare una bestemmia, la speranza che si fonde alla rassegnazione. VI.PA.RO è uno spettacolo con due danzatori, un racconto di un’intera comunità. Uno studio che parte dalla coreutica tradizionale delle danze popolari per arrivare all’incontro con la sperimentazione contemporanea del teatro e della danza. Un movimento unico e continuo, dalle registrazioni originali prese sul campo alle nuove creazioni di vari musicisti del World Music. Un racconto contemporaneo
che ritrova antiche radici per rendere grazie e per invocare con e contro la terra che ci ha partorito. Un viaggio che parte dalla Puglia e guarda a tutto il Mediterraneo: nel paese devoto a San Vito dove si danza nell’acqua, davanti il quadro di San Paolo che per primo scacciò la serpe, su una piazza di un piccolo paese e sulle pietre dell’Aspromonte, dove San Rocco pellegrino e guaritore dei malati insegnò a danzare con i coltelli e fece della danza una forma di rivolta contro le ingiustizie e i malanni. L’intento è quello di sperimentare nuovi linguaggi del teatro-danza che guardano al passato mitico e ancestrale e vivono ancora oggi nel presente. Un movimento continuo e crescente che attraversa i suoni e i canti antichi incontra le nuove creazioni di vari artisti della world-music. Lo studio parte dalla gestualità originale documentata del lavoro contadino, delle danze rituali connesse al tarantismo fino alla creazione di coreografie originali in cui la autenticità delle danze tradizionali – così come ci sono state
tramandante – si lega in maniera salda con la sperimentazione e l’innovazione della danza

 

Biglietto acquistabile qui

 



 

Villa Bruno

Villa Bruno è una villa vesuviana sita in via Cavalli di Bronzo a San Giorgio a Cremano (Napoli). Da molto tempo è il centro culturale della cittadina, ospitando concerti, manifestazioni ed il premio Troisi, dedicato ai giovani comici. Ospita inoltre molti uffici comunali ed è sede di varie associazioni. Dal 2002 è anche sede della biblioteca comunale, sulla base di una cospicua donazione fatta dal cav. Giacinto Fioretti, che ne ha anche curato la sistemazione. È quindi conosciuta come “Palazzo della Cultura Vesuviana”.
La villa fu proprietà dapprima della famiglia Monteleone, e successivamente della famiglia Lieto. Durante il periodo in cui i Lieto furono i tenutari dell’edificio, esso ospitò a più riprese per le vacanze il Cardinale Luigi Ruffo Scilla, Arcivescovo di Napoli nonché parente del famoso cardinale sanfedista Fabrizio Ruffo. A partire dal 1816 la villa ospitò la fonderia Righetti, nella quale avvenne la fusione dei cavalli delle due monumentali statue equestri raffiguranti Carlo di Borbone (futuro Re Carlo III di Spagna) e Ferdinando I delle Due Sicilie (già Ferdinando IV di Borbone), le quali furono poste nel 1829 in piazza del Plebiscito a Napoli. Nelle fonderie avvenne inoltre la fusione del monumento in bronzo a Pulcinella, che oggi adorna il cortile principale della Villa. Originario di Roma, Francesco Righetti era il fonditore di fiducia dello scultore Antonio Canova, che era commissionario delle due sculture. L’artista passò molto tempo a Napoli nel periodo di realizzazione delle opere, e grazie alla sua influenza e notorietà riuscì a far localizzare l’impianto industriale a S. Giorgio nonostante le proteste dei numerosi nobili che abitavano nelle vicinanze. Il motivo per cui Righetti, nel 1816, scelse proprio San Giorgio per edificare la fonderia, poi trasformata dai Bruno in vetreria, sembra essere legato all’attiva collaborazione con il marchese Cerio il quale, grande ammiratore del Canova, intercesse favorevolmente per cosentire al Righetti di impiantare la struttura a Villa Bruno nonostante le vive proteste dei nobili confinanti. Prima della sua destinazione attuale, una sua parte è stata sede della locale stazione dei Carabinieri.

 

 

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